Gentile dottoressa,
Grazie di cuore di quanto mi scrive sulla dimora di S.Croce.
All’origine di quella straordinaria avventura c’era stata una scommessa con il sindaco Spaccini che mi impegnava a dimostrare come si potesse fare architettura moderna impiegando l’antico linguaggio locale della pietra.
L’occasione della casa Walcher veniva assai a proposito in quell’inizio degli anni 60 e nemmeno i vincoli restrittivi dei Regolamenti (poco più di 20 mq edificabili) e la perduta memoria di quell’antico magistero della pietra, mi scoraggiò.
Venne così il progetto che prendeva spunto dal risalto di roccia in cui s’inseriva l’edificio e venne la sua realizzazione. Posso affermare che non ci fu pietra tagliata che non raccogliesse anima e pensiero di chi la lavorava e la posa non fu da meno. Il tetto poi fu modellato con interventi diretti dell’autore quasi si trattasse, come Lei scrive, di una scultura.
Purtroppo l’esempio non fece né storia, come spesso avviene per le scommesse scomode agli interessi economici politici. Un episodio contro corrente, si disse allora. Poi fu garbatamente ignorato e infine decisamente rimosso dalla memoria. Le acque tornarono quiete nello stagno fangoso che finirà col sommergere tutti.
Con affettuosa cordialità
Suo Antonio Guacci
luglio 1994
Natale 94.
Egregio Professor Guacci,
ho saputo dalla dottoressa Malabotta delle bellissime, profonde e preziose parole che ha speso per descrivere la straordinaria avventura, come Lei chiama, della casa Walcher e sono qui per ringraziarLa.
Desidero solamente correggere, se me lo consente, la Sua amarezza riguardo al segno che questa Sua opera ha lasciato e lascerà.
Come fortunato, felice e quotidiano frequentatore della Sua creazione, posso affermare che frequenti sono le visite di studiosi e studenti che vengono ad ammirare in sito, la casa. Questa Sua fatica quindi non viene ignorata.
Sebbene piccolo, ricordo l’energia che Lei usava per incitare i muratori a rifinire i particolari, e questa energia è rimasta e si legge nell’opera. Anche per questa ragione, questa realizzazione non potrà finire nel dimenticatoio.
Un segno per tutti: recentemente il Carso è stato coperto da un sottile manto di neve, destino toccato anche alla casa di S.Croce.
Ebbene: la neve aveva coperto il giardino, l’erba, le foglie e i rami secchi caduti, ma la struttura della casa e il tetto di pietra si ergevano in tutta la loro completezza, ben accompagnati a questo manto che nascondeva le piccole imperfezioni circostanti. Parimenti saranno quindi le cose minori a venir dimenticate, non le grandi azioni.
Con viva e profonda stima
Guido Walcher