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Carlo Watcher (1905 - 1972) - Pittore
Uno degli elementi caratterizzanti l'attività di Carlo Walcher è stato indubbiamente il suo Studio, luogo in cui con altri artisti, vennero generati e scambiati importanti stimoli culturali. Attorno al 1940 egli decise infatti di affittare un piccolo studio al quinto piano di via Mazzini 30, che fu il primo passo verso la sua attività artistica vera e propria che egli comunque poté svolgere solo dopo aver ottenuto un lavoro che gli lasciasse del tempo libero.
Carlo Walcher nacque a Trieste íl 14 giugno 1905.
Cominciò a disegnare fin da piccolo. Sui dieci-dodici anni partecipò alle colonie estive e durante una di queste vacanze, nel 1917, ad Ancarano, ebbe l'occasione di mostrare alcuni suoi disegni dal vero al pittore Guido Grimani (1871-1933) noto paesaggista e marinista, che si trovava nella stessa località per dipingere. Grimani “lodò i disegni e condusse con sé il piccolo Walcher spronandolo a disegnare al suo fianco, mentre pitturava con nostalgica tristezza i suoi dolci paesaggi, inculcandogli un amore al paesaggio che rimarrà nel suo animo come una specie di spirituale eredità”.
Frequentò con profitto le scuole superiori presso il Liceo Scientifico Oberdan. Poi, nel 1923, compì il servizio militare nel Genio Civile dell'esercito italiano, e in quel periodo, nel tempo libero, visitò i musei delle città dove si trovava. Nel 1936 a trentun anni, appena laureato in Diritto Internazionale, entrò nello studio legale degli amici avvocati laut e Palutan come collaboratore, limitandosi a coltivare l'arte nel tempo libero, frequentando lo studio di Renato Brill, ottimo docente di disegno, e la Scuola del Nudo del Museo Revoltella. Nel '40, trovò un'occupazione più adatta alle sue aspirazioni, lavorando in proprio nella Società di Navigazione di Carlo Martinolich. Intensificò i suoi studi di pittura e decise di affittare un piccolo studio al quinto piano di via Mazzini 30. Cercò le prime modelle, perché lo studio del nudo lo aveva sempre appassionato. A causa dei forti contrasti di luci e ombre gli piacevano le donne molto formose e tra queste ve n'era una, mantenuta dal pittore Edmondo Passauro perché fosse a sua disposizione quando veniva a Trieste; pertanto quando lui non c'era, lei poteva fare da modella per altri artisti. Così Carlo si affrancò da una certa sua eccessiva riservatezza.
Inoltre l'amicizia con la pittrice Maria Lupieri che aveva lo studio sul suo stesso pianerottolo, e l'incontro con questo ambiente dalla mentalità fin troppo libera, gli diedero un'apertura mentale nuova che gli permise di frequentare con disinvoltura un gruppo di artisti triestini che si riunivano settimanalmente nel suo studio. Tra questi emergeva il pittore Cesare Sofianopulo, allora famoso e veramente molto mitteleuropeo. C'erano anche Maria Lupieri e Pedra Zandegiacomo, tutti ricordati nella poesia "Questo xe el studio del pitor Carleto" di Rosetta Lazzariní, compagna mai sposata di Cesare.
Segui un periodo terribile di malattie, guerra e lutti.
Appena nel 1945 Carlo si sentì all'altezza di esporre accanto agli artisti affermati, e - pur non essendo mai pienamente soddisfatto di se stesso - continuò, sia a Trieste che in Italia e persino a New York. Finita la guerra, la vita pian piano ricominciava: si era giunti al 1948 quando, insieme all'amico-poeta Marcello Fraulini, Carlo aveva preso l'abitudine di incontrarsi tutte le sere al Caffè Tommaseo con il pittore Adolfo Levier, lo scultore Ugo Carà, il pittore Nicolò Sponza, il solito Cesare Sofianopulo e altri.
Nel '49 Carlo tenne una personale alla Piccola Galleria Michelazzi. Cesare Sofianopulo, in una breve recensione comparsa su 'Il Piccolo" in occasione di quella mostra, scriveva tra l'altro: "Del Walcher posso scoprire le buone intenzioni e gustarle. Pare modernissimo. Ma esaminandolo bene ci accorgiamo che quanto ha di buono di certo non deriva dal contemporaneo spappolamento cerebrale".
Nel 1951, comparve Il primo articolo dedicato alla sua vita e alla sua attività, a firma di G. M. Campitelli, intitolato: "Carlo Walcher, discusso ma valido pittore contemporaneo", che forniva non solo preziose notizie biografiche dell'artista ma anche una valutazione del suo operato e, pubblicando una foto dell' “interno dello studio”, scriveva: “In quest'opera, inquadrata con voluta semplicità, appare serenamente netta la volontà del costruttore che sa creare in dimensioni precise un imponente effetto architettonico" e terminava con queste parole: “… dopo aver visto nello studio del pittore tante opere: disegni, acquarelli (freschi, brillanti), studi bozzetti, quadri ad olio, ciò che mi ha colpito in modo veramente particolare è il suo metodo di fare e rifare parecchie volte per riuscire dove lui decisamente vuole".
Dal 1962 frequentò la Scuola d'Incisione, aperta presso l'Università Popolare di Trieste dall'amico Carlo Sbisà, che gli diede la padronanza necessaria anche con questo linguaggio, che utilizzò per la parte più rilevante della sua attività artistica.
Per quanto concerne i disegni, mentre fino al 1950 essi erano in numero esorbitante rispetto alla produzione pittorica, dal 1950 in poi vanno diminuendo, sostituiti da una maggiore ricerca pittorica. Ma degli anni sessanta e fino a tutto il '71 rimane la sua produzione più ricca e matura in disegni, acquerelli e incisioni. Muore improvvisamente il 12 gennaio 1972.
(Guido Walcher)

Dalla iniziale ricerca di un linguaggio nuovo, giunge ad una rappresentazione abbreviata dello spazio e ad una resa quasi informale dei soggetti... L'incisione è stata l'ultima sua esperienza, quella più fertile ed intensa: il soggetto è un'esile ma insopprimibile trama su cui egli intesse l'Intreccio dei colori...
(da Maria Walcher Casotti: “Carlo Walcher. Una biografia" Ed. della Laguna, 2010).